Terre di passo
La ricerca di una restituzione visiva della continuità dello sguardo segna il lavoro che da anni Cristina Omenetto svolge avendo come oggetto d’attenzione il paesaggio, cioè il mondo intorno a sé, il mondo della sua esperienza.
Lontana da ogni intenzione descrittiva, la fotografa ha individuato una sorta di dinamico “sistema visivo” che le permette di esprimere sia sul piano percettivo sia su quello psicologico il suo rapporto con lo spazio vissuto: il susseguirsi, talvolta il sovrapporsi, delle diverse immagini “contigue” di uno stesso luogo costituisce infatti l’espressione di uno stato d’animo, di un sentimento di sé nel paesaggio.
Il titolo stesso che Omenetto dà a questa sua prolungata ricerca, “Terre di passo”, indica che queste fotografie sono immagini di passaggio, improvvise ed effimere come i continui movimenti dello sguardo, del pensiero, della memoria stessa. Come gli uccelli migratori durante il volo vedono svolgersi il mondo e le sue innumerevoli cose, dichiara l’autrice, così è possibile attraverso la fotografia cogliere, tra cielo e terra, cose di volta in volta diverse, cose che si trasformano. Cristina Omenetto si pone dunque in uno stato di sospensione, alla ricerca di immagini indefinite, inafferrabili: immagini che rappresentano il mutamento stesso, e al tempo stesso il perdurare del passato nel presente. Non è un caso che i luoghi fotografati, quasi sottoposti a scansione si potrebbe dire, siano simbolici e per certi versi assoluti: la natura, l’acqua, il ghiaccio, i siti archeologici e monumentali.
In questo progetto che, lungi dal puntare a una “documentazione” dei luoghi, costituisce invece un lavoro di introspezione e di interrogazione esistenziale, la sua fedele compagna è la modesta Holga, una macchina fotografica economica che è stata anche definita toy camera: materiale povero, tecnologia ridotta al minimo, il difetto tecnico che diviene punto di forza in senso espressivo. Ecco dunque baffi di luce entrare dentro la fotocamera quasi a plasmare l’immagine, come se l’aria stessa di un luogo, magica portatrice di luce-colore, si muovesse poeticamente dentro la fotografia che sta nascendo, rendendola più leggera.
Roberta Valtorta
Storica e critica della fotografia